La Meteorite “Piaggine” (nome della località del ritrovamento)
Un gruppo di studenti del liceo scientifico “P. Leto” di Teggiano della 3A di scienze applicate ha deciso di cimentarsi nello studio di una singolare roccia rinvenuta nei pressi del territorio di Piaggine (SA) che sembra avere caratteristiche del tutto estranee al contesto geologico dell’area.
Alcune osservazioni ed analisi effettuate hanno portato alla conclusione che si tratti di una meteorite ferrosa (siderite o siderolite) lunga circa 10 cm e del peso di poco meno di 3 kg (2.853 g). Dalla meteorite è stato staccato, con enorme difficoltà data la durezza, un piccolo campione di circa 60 g, messo a disposizione degli studenti, per poterlo analizzare meglio nel laboratorio della scuola.
La rottura del campione ha consentito di analizzare sia l’interno che l’esterno della meteorite mettendo ben in evidenza la crosta di fusione esterna di cica 1-2 mm dovuta all’ablazione a cui la roccia è stata sottoposta durante il passaggio in atmosfera.
Infatti, i meteoroidi entrano nell'atmosfera terrestre a velocità che vanno da 11 km/sec a 72 km/sec (circa 50.000-200.000 Km/h). Appena inizia la penetrazione nell'atmosfera, la compressione delle molecole d'aria inducono un forte surriscaldamento superficiale fino a temperature di 2.500-3.000°K. Lo strato esterno del meteoroide diventa incandescente e viene letteralmente spogliato dai materiali rocciosi meno resistenti lasciando esposta la superficie metallica. Questa perdita di materiale dalla superficie di un meteoroide riscaldata dall’attrito mentre passa attraverso l'atmosfera viene denominata "ablazione".
Si assiste ad una fusione parziale della meteorite che mette in evidenza, in superficie, alcune strutture tipiche delle meteoriti a prevalenza metallica. In particolare, sembrano essere presenti, un po’ ovunque delle strutture che richiamano quelle di Widmanstätten.
La maggior parte degli asteroidi nel nostro sistema solare ha circa 4,5 miliardi di anni e si trova tra i pianeti Marte e Giove, in quella che viene chiamata la "cintura di asteroidi". Gli Asteroidi talvolta si scontrano tra loro deviando frammenti verso l’orbita terrestre.
Grazie al lentissimo periodo di raffreddamento all'interno dell'asteroide progenitore, le leghe metalliche hanno avuto modo di cristallizzarsi in questi cristalli metallici che, una volta tagliato levigato e trattato con acido nitrico il meteorite, appaiono sulla superficie come bande. Queste bande hanno dimensioni che possono variare da circa 0,2 mm a 5 cm e formano quella che è più comunemente detta struttura di Widmanstätten.
In laboratorio
Dopo una approfondita documentazione sull’argomento, il gruppo di ricerca ha proceduto ad alcune analisi di laboratorio: accertato con magneti e aghi magnetizzati che si tratti di un corpo a prevalenza ferromagnetica non polarizzato; si è dunque proceduto all’analisi per interpretarne la composizione chimica e mineralogica desumendo dalla letteratura le componenti prevalenti e calcolando la densità dopo aver misurato con accuratezza il volume col metodo dell’acqua spostata e la massa con la bilancia di precisione.
Dati: V= 7,91 ml; m= 57,91 g; d= m/V = 7,32 g/cm3.
Supponendo una prevalenza metallica di Ferro e in parti minori Nichel e Cobalto (la presenza di una consistente quantità di Nichel è evidenziata dal fatto che la superficie appare di una lucentezza metallica senza la presenza di tracce rossastre di ossidazione).
Densità parte metallica: Fe 7,87; Ni 8,9; Co 8,9. Essendo in prevalenza Fe avremo una densità media ponderata per le rispettive percentuali ipotizzate di 8,27 g/cm3.
Densità della parte rocciosa: sono stati presi quella di una peridotite e dunque 3,3 g/cm3.
Dai calcoli effettuati è risultato che il campione è composto dal 70% di metallo e dal 30% di roccia e dunque classificabile tra le sideroliti (parte roccia e parte metallo) a prevalenza metallica.
Su uno spigolo del campione sono presenti tracce vetrose di terreno fuso al momento dell’impatto e messe in evidenza da alcune bolle di degassazione.
Il campione studiato
APPROFONDIMENTO
Le meteoriti sono frammenti e residui di corpi celesti, principalmente di asteroidi, che intrecciano l'orbita della Terra e ne colpiscono la superficie, creando crateri da impatto delle più disparate dimensioni.
Dal momento della formazione della Terra, 4,5 miliardi di anni fa, il nostro pianeta è stato colpito da una considerevole quantità di meteoriti, la maggior parte dei quali ne ha investito il suolo nel primo miliardo di anni. Successivamente il numero di meteoriti è diminuito e la maggior parte di materiale extraterrestre è precipitato sul suolo sotto forma di polveri; ciononostante, anche in tempi recenti, le cadute di meteoriti si sono verificate con una ricorrenza degna di nota.
Le dimensioni di una meteorite possono variare da pochi millimetri a diversi metri di diametro. Esse sono caratterizzate da forme irregolari e da una massa che varia da pochi grammi a migliaia di tonnellate.
Classificazione delle meteoriti cadute sulla terra
Tra tutti i meteoriti caduti sulla Terra e raccolti si può innanzitutto proporre una prima distinzione: da un lato vi sono le meteoriti raccolte a seguito di un ritrovamento, dall'altro quelli raccolti in seguito ad una caduta osservata direttamente (circa un terzo del totale).
Lo studio delle proprietà chimiche, cinetiche e morfologiche e la successiva classificazione sono estremamente importanti; data la loro provenienza (residui di asteroidi), le meteoriti sono tra i corpi più vecchi del Sistema Solare e dunque ci permettono di desumere importanti informazioni relative alle prime fasi della sua formazione.
La classificazione delle meteoriti si basa principalmente sulle proprietà chimiche e consiste in tre grandi gruppi: le sideriti, le sideroliti e le aeroliti.
Le sideriti (30% delle meteoriti raccolte) hanno una composizione ferrosa e sono principalmente costituite da leghe di ferro e nickel, in proporzioni variabili. Oltre a questi metalli, le sideriti presentano altri minerali di cui alcuni non presenti sulla Terra, come la troilite (solfuro di ferro), la cohenite (carburo di ferro e nickel) e la daubreelite (solfuro di ferro e cromo).
Si può inoltre proporre un'ulteriore sotto-classificazione delle sideriti tra camaciti e teniti, le quali hanno rispettivamente una composizione di nickel fino al 8% e fino al 35%.
In generale le sideriti, al momento della caduta, hanno un colore scuro dovuto alla fusione delle leghe che le costituiscono nel passaggio attraverso l'atmosfera; successivamente il processo di ossidazione le rende rossastre. Esse sono caratterizzate dalla presenza di lamelle sulla propria superficie, dette figure di Widmanstätten in onore dello scopritore (1808), che si formano a seguito di un raffreddamento differenziato delle leghe che le costituiscono.
Le sideroliti (5% delle meteoriti raccolte) sono formate da leghe di ferro e nickel e da silicati, hanno un aspetto spugnoso e si suddividono a seconda della composizione in pallasiti e mesosideriti.
Infine, le aeroliti (65% delle meteoriti raccolte) sono costituite principalmente da silicati, il che le rende molto simili alle rocce terrestri. Esse si suddividono in condriti e acondriti a seconda che presentino sulla propria superficie i condruli, particolari granuli di silicati.
Crateri da impatto e meteoriti
Quando una meteorite cade sulla superficie terrestre si viene a formare un cratere da impatto, più comunemente denominato cratere meteorico (o semplicemente cratere).
I crateri formati dalle meteoriti hanno tipicamente una sezione pressoché circolare (in tre dimensioni ricordano un paraboloide) e hanno le dimensioni più svariate: da pochi millimetri di diametro fino a diverse centinaia di chilometri. L'ampiezza e la profondità del cratere dipendono inizialmente da diversi fattori, primi tra tutti il peso della meteorite, le sue caratteristiche fisiche e cinetiche.
La superficie della Terra non presenta molti crateri, specie al confronto con altri corpi celesti quali la Luna e Mercurio; ciò è dovuto principalmente alla presenza dell'atmosfera terrestre, che nella fase successiva all'impatto tende ad erodere i crateri, seppur in tempi molto lunghi (ere geologiche); in secondo luogo, all'attività di rinnovamento della crosta terrestre.
Tra i crateri più rilevanti presenti possiamo menzionare il Meteor Crater in Arizona (USA) e il Wolfe Creek in Australia. Il Meteor Crater (foto) risale a 50.000 anni fa, presenta un diametro di circa 1,5 km e si suppone sia stato generato dalla caduta di un meteorite dal peso di circa 10.000 tonnellate; il Wolfe Creek ha invece un diametro di 1 km e, pur risalendo a 300.000 anni fa, è tutt'oggi ben conservato.
Negli ultimi anni lo sviluppo tecnologico e la messa in orbita di satelliti artificiali, ha permesso all'uomo di scoprire molti crateri da impatto altrimenti inosservabili, primi tra tutti i crateri sottomarini e quelli coperti dai ghiacci e dalla vegetazione.
Studio dei meteoriti nella storia
Sin dall'antichità gli uomini si sono occupati dello studio dei meteoriti e hanno avanzato diverse ipotesi circa la loro origine. Fino al XVIII secolo, per quanto fosse chiaro che le meteoriti fossero oggetti caduti dal cielo, non se ne sospettava in alcun modo l'origine extraterrestre. In particolare, le ipotesi dominanti prevedevano che si trattasse di sassi e corpi trasportati in cielo da forti vortici d'aria, oppure mediante condotti vulcanici che si generavano e si chiudevano rapidamente.
Il primo studioso ad ipotizzare la natura extraterrestre dei meteoriti fu il fisico tedesco Ernst Chladni nel 1794, notando che i meteoriti avevano una composizione chimica ed una struttura diversa dalle rocce terrestri, e che tutti gli oggetti ritrovati presentavano una composizione simile tra di loro.
Tale ipotesi fu rafforzata ed infine comunemente accettata dalla comunità scientifica quando, nel 1801, venne scoperto il primo asteroide; fu allora confermata la teoria secondo cui i meteoriti fossero corpi provenienti dai corpi minori dello spazio interplanetario.
RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano per l’opportunità di studio e ricerca: Il Prof Rubano Felice che ha trovato la meteorite e l’ha messa a disposizione degli studenti; il tecnico di laboratorio Croce Malfino che ha staccato con perizia il campione dalla meteorite; Il Prof. Sica Antonio che ha coordinato l’esperienza e la Prof.ssa Franceschi Francesca che si è occupata della revisione dell’articolo.
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